venerdì 11 gennaio 2013

Restauro di Poldina

Poldina, come ormai saprete, vive con me da moltissimi anni. 
Quando dovetti lasciare la mia vecchia casa fra i campi, nel 1974,  fu una delle poche bambole ad essere scampata dallo scempio degli operai che facevano il trasloco. Questi bravi signori, non contenti di buttare la roba come fosse destinata ad una discarica, rubarono pure tantissimi oggetti, fra i quali Vittoria  e Modestino della Furga, Jenni della Italocremona, Petula della Ratti, libri, dischi e una serie splendida di vestitini per la Vittoria e Poldina confezionati dalla mia mamma, dalla mia nonna e dalla suocera di mia sorella.
Prima di accorgerci del furto, è passato un po' di tempo perché gli scatoloni da sballare erano veramente infiniti e, quando ce ne siamo resi conto, di quei malfattori non c'era più la minima traccia, visto che erano dei facchini "volanti" reclutati sul momento da mio padre.
Non potete immaginare il dolore per una perdita così grande! Sì, lo so, c'è di peggio, ma per una bambina che aveva tutto il suo mondo in quelle cose, fu un colpo terribile.
Poldina, invece, l'avevo personalmente messa in una borsa e portata a casa con gli oggetti più fragili, perché stava incominciando a scucirsi e perdeva un po' di gommapiuma.
La mamma la rimise a posto alla meglio, ma ogni tanto si rirompeva qua è là, soprattutto vicino alle giunture di plastica. Poi cominciai a diventare davvero grande e della mia amica bambola non mi ricordai quasi più, anche perché improvvisamente sparì, cancellando la sua immagine dalla mia memoria. La ritrovai quando ormai avevo 25 anni, seppellita da vecchie lenzuola e asciughini, in una cassapanca che la mamma teneva in camera da letto. Era quasi completamente svuotata del ripieno, i capelli incolti, ispidi, duri per la colla che le era stata messa alla frangetta.. Le ciglia, delle quali una le era già stata tolta da mio fratello per farmi dispetto quando eravamo piccoli, mancavano ormai totalmente. Ma il vinile, quel meraviglioso vinile che solo la Furga sapeva così ben forgiare per le sue bambole, era ancora integro. All'epoca feci un restauro molto sommario: mi accontentai di riempire il corpo di tela, di lavare gli arti sporchi e di rivestirla decentemente. L'unica cosa buona, però, fu quella di non cancellarla più dalla mia mente.



Nello stringerla fra le braccia, sentii una sensazione strana, che mai avevo provato fino ad allora e che poi sarà la motivazione per cui adesso recupero vecchie bambole: prendendomi cura di lei, stavo riprendendo cura anche di me stessa, della bambina che viveva nel mio cuore. 



Passano ancora 25 anni.... Nel frattempo sono diventata mamma di due tesori unici, che adesso hanno 13 e 9 anni. La piccolina, Letizia, ha come me la passione per le bambole e ha cominciato a giocare con Poldina. Ma non era il caso di maneggiarla troppo perché era veramente a pezzi, quasi peggio di come l'avevo ritrovata anni prima. La mamma, forse vedendo che le si staccavano le gambe, le aveva rinchiuse in uno stretto bendaggio di nastro isolante grigio e, per tenere la testa al suo posto, aveva usato dei grossi punti metallici, aggrappati fra la stoffa e il collo.
A dire il vero, visto il lavoro che c'era da fare,  mi sono proprio scoraggiata! 
La prima cosa da fare URGENTEMENTE era quella di disfare tutta quella serie di malanni e cercare di limitare i danni subiti dall'incuria.

Primo intervento: togliere il nastro dalla plastica e ripulire pazientemente tutta la colla rimasta sul vinile con alcol e una paglietta per i piatti. Stessa cosa per i residui di vinavil sulla fronte.
Rimuovere le graffette metalliche dal collo e dall'attaccatura degli arti alla stoffa.

Secondo intervento: svuotatura totale del tronco in stoffa per constatare le condizioni del ripieno. Visto che era sicuramente irrecuperabile e che anche la stoffa ormai si stava logorando al solo toccarla, decido di rifare il corpo in tela, usando come modello la vecchia sagoma. Dopo una serie di parole irripetibili e diverse ore di prove e riprove, esce fuori qualcosa di decente. Riempio il sacchetto ottenuto con capoc sintetico e poi procedo al
Terzo intervento: riattaccare gli arti in plastica, ora belli puliti, alla stoffa. Ho durato una di quelle fatiche che non so descrivere, perché il vinile, che sembra tanto morbido e duttile, quando lo affronti con un ago e il filo diventa tutt'altro che simpatico!!! Ho ancora i segni, sul dito medio della mano destra, della cruna che cercavo di spingere dentro quel maledetto PVC. Anche qui, come per la nascita del busto, dopo parolacce, sospiri e voglia di mollare l'avventura, tutto è andato abbastanza bene.
Quarto intervento: approfittando della testa ancora staccata dal corpo, ho fatto un bel lavaggio ai capelli, mettendo tanto tanto balsamo "Tropical", comperato e quasi mai usato per l'odore dolciastro! Il bagno si è riempito di un profumo così forte di cocco che sembrava  di essere alle Hawaii! 
Quinto intervento: Opera di misericordia: "vestire gli ignudi". Ho trovato una vecchissima rivista della Modafil, regalata da mia sorella,  che insegnava a fare dei giocattoli a maglia nella quale, guardacaso, c'erano anche dei modellini per bambole alte circa 50 centimetri. Sferruzzando, sferruzzando, è venuto fuori un bell'abitino rosso con le sue mutandine e scarpette da bebè. Un fiocchino rosso, per reggere il ciuffetto sulla testa, ha completato il tutto.
Sesto intervento: ciglia. Ho pensato e ripensato a come fare e a che cosa usare. Scartata l'idea della fodera da sfilare, che  fra l'altro non avevo a portata di mano, ho prima tentato con piccoli pezzi di peluche nero, ma erano troppo invadenti per la minuscola fessura dell'occhio, tanto da coprire l'iride. Poi ho preso dei pezzettini di nylon scuro e ho tentato di metterli su una base di nastro di carta, come avevo fatto per altre bambole. Ma il risultato non mi soddisfaceva. Ultima idea: prendere della lana nera, finissima, e confezionare una specie di frangetta fissata su una strisciolina di nastro adesivo. Al momento di mettere il vinavil nello spazio per le ciglia, ho invocato i santi numi. Poi mi sono lanciata: o la va o la spacca! E' andata!



Ecco la mia amica adorata rinata a nuova vita
















giovedì 10 gennaio 2013

La storia della Furga

Parlare della Furga non è facile, anche perché se n'è già scritto tanto e in tutte le salse!
Ma vorrei ripercorrere, insieme a voi, la sua storia,  dalle origini agli anni '70, cercando di riunire tutte le notizie  frammentate, sparse qua e là, in un'unico viaggio alla scoperta di un marchio ineguagliabile.






Già il suo slogan, che ha accompagnato la nascita di centinaia di nuove creazioni, parla da solo:




E non sono parole messe così tanto per fare colpo sui bambini e le loro mamme, sempre desiderose di fare un regalo gradito ai figli: le Furga sono veramente bambole straordinarie sia per la loro squisita fattezza che per la ricerca dei particolari che le hanno rese sempre diverse l'una dalle altre.

Tutto ebbe inizio quando un nobiluomo mantovano, 
Luigi Furga Gornini 

ebbe la felice intuizione di dare vita alla lavorazione della cartapesta per creare originali maschere da carnevale. 
Siamo intorno al 1870.
Purtroppo questa attività  non ingranò molto bene perché era troppo legata ad un preciso periodo dell'anno e richiedeva un grande impiego di denaro per i materiali e la manodopera.
Il Signor Luigi, però, non si scoraggio e proseguì il suo cammino di imprenditore: nei laboratori dedicati alle maschere di cartapesta cominciò a fabbricare bambole dello stesso materiale che per la sua duttilità, ben si prestava alla loro realizzazione.
La data di  nascita della Luigi Furga & C. è poco chiara e controversa, anche se la maggior parte dei documenti d'archivio cita come riferimento il 1880.
Un documento della Camera di Commercio di Mantova, risalente al 1882, parla per la prima volta di una "industria nascente" che fabbrica bambole in cera grazie a 29 operai, fra adulti e ragazzi.

Apprendiamo, dal commendator Giulio Furga, che queste prime bambole avevano il corpo in cartapesta e la testa in composto di cera (stearina, formaldeide e gesso), probabilmente addizionata in seguito con altri ingredienti che ne garantivano la stabilità.  Avevano occhi dipinti, oppure in vetro ma fissi, i capelli in lana di mohair adornati da qualche gala intonata all'abito di tela, semplice, apprettata, con qualche guarnizione all'orlo e ai polsini, un collettino inamidato e scarpine scollate con una soletta di cartone. Una volta vestite e pettinate, venivano inserite in una robusta scatola che recava il nome della bambola e la sua altezza. Naturalmente,  per quelle più esclusive e raffinate, si usavano stoffe migliori, pettinature elaborate e scatoloni in cartone-cuoio degni delle loro ospiti, con una vivace carta colorata incollata sul coperchio. 
Nel 1910, la Relazione Camerale, parla della Furga come di uno stabilimento ampliato e aggiornato in cui si producono "bambole d'ogni forma, grandezza e dimensione, tanto comuni che con articolazione automatica" ma anche "cavalli, fucili, carrozzine e altri giocattoli." . Questa produzione "si diffonde per tutta l'Italia, ed è ricercatissima anche all'estero per la perfezione e buon gusto con cui è fabbricata, ed alle esposizioni di Brescia ed a Modena è stata premiata con medaglie d'oro e d'argento".
Nel frattempo scoppia la Prima Guerra Mondiale e le forniture di accessori, come ad esempio i capelli, che provenivano dalla Germania, subiscono un doveroso arresto, per cui si deve rinunciare al commercio con l'estero. Il perentorio divieto di importazione di manufatti tedeschi  sferrò un duro colpo alla Furga a cui venne impedito, nel 1916, di prelevare un ingente carico di teste di biscuit provenienti dalla Germania. Ma ancora una volta Luigi non si dette per vinta ed iniziò a produrre, per conto suo, le teste per le bambole, come si legge in un documento del 1920: "......è lodevole l'emancipazione dall'estero per la costruzione di teste italiane anche in terracotta, che la ditta riuscì a far gustare al pubblico....". Così, intorno al 1922, nasce la Ceramica Furga che produce, per la prima volta, teste di biscuit, pupazzetti interamente in porcellana, tazzine, piccole teiere ed tanti altri accessori con cui poter accudire le bambole. 


Esposizione di bambole Furga - Anno 1926





La Ceramica Furga continuerà nella sua produzione di teste e bambolotti solo fino agli anni '30, quando si deciderà di realizzare unicamente ceramiche per uso domestico e condutture elettriche, pur conservando ancora la produzione di piccoli serviti per il gioco, un'attività che terminerà definitivamente negli anni '60.


Lavoranti della fabbrica di Ceramica Furga

Ceramiche Furga
Zuccheriera

Operai al lavoro nella Fabbrica di Ceramica


Le bambole in biscuit, certamente più costose, non potevano accontentare le grandi richieste di chi non poteva permettersi di spendere tanti soldi, per cui continuò anche la produzione di modelli più semplici, realizzati in pastello ottenuto con una miscela di scarti di cotone, amido, caolino e segatura.
Bambole per tutti i gusti, quindi, ma soprattutto per tutte le tasche. E poi fucili a capsula, cavalli a dondolo, racchette, piccoli pianoforti,  trottole, animali poggiati su un'asse da trainare con la cordicella.
                                                                    

Produzione Furga del 1930-40






Accanto alle tradizionali bambole in biscuit la Furga, fra gli anni Venti e i Quaranta, sperimentò una nuova tecnica di bambole realizzate in feltro, forse per stare al passo con le più osannate Lenci che stavano dominando la scena del giocattolo. Su una base di cartone inumidito e successivamente pressato, si incollava il feltro, rifilando le parti in eccesso oppure cucendole strettamente sulla testa, impuntura che sarebbe stata poi nascosta dai capelli in mohair. Bellissimi i volti dipinti a mano talora con espressione sognante, a volte, invece, rigidamente superba, da gran signora.






Per gli altri modelli di bambola, non in tessuto, continuò ancora l'utilizzo della cartapesta gessata e dipinta a spruzzo, poi rifinita a mano, per i particolari più minuti. 

Fra gli anni '40 e '50, alle già collaudate tecniche di pastello e cartapesta, si aggiunsero i primi esperimenti con nuovi materiali  plastici, polistirolo e viplà. Quelle in polistirolo, con un colorito scuro, avevano spesso meccanismi per il movimento e per la voce, che funzionavano grazie ad una chiavetta a carica. Nacque, proprio in quell'epoca, il bellissimo bambolotto Tonino, punta di diamante della Furga, creato nel 1955 dalla scultrice Dina Velluti. Prodotto sia in colaggio, che in vinile, vinse addirittura il premio Pinocchio d'oro del 1959.


Nel 1956 fece la sua comparsa il cloruro di polivinile, meglio conosciuto come PVC, che portò una vera rivoluzione anche nella Furga che iniziò, da allora,  a produrre "le + belle bambole del mondo".  Morbido, flessibile, resistente, molto più economico e versatile dei suoi predecessori, conquistò in breve tempo produttori e pubblico. Le prime bambole avevano solo testa, braccia e gambe in vinile inseriti sia su sagome di stoffa imbottite che in tronchi di plastica dura. La facilità con cui si poteva trattare il vinile fece cambiare radicalmente anche l'espressività dei volti, ora veramente realistici. 


Fulgido Arpaia
nato a Milano nel 1919, maestro d'arte dallo straordinario talento e dalla profonda sensibilità, studiava i visetti dei bambini e li facerva rivivere nelle sue sculture. Nessuno schizzo, Fulgido aveva già nella mente un progetto che via via prendeva vita dalla creta, inizialmente appena abbozzato e poi sempre più nitido con l'aggiunta di particolari.  
Nel 1962 nascono, per la gioia di mamme e bambine, Andrea e Poldina, teneri neonati dal musetto imbronciato.




Sempre dello stesso periodo ecco altri bebè

 è del 1962 anche :Ambrogino







del 1965 Marinella




del 1966 Giovanni 







 e Giovannina


del 1970 Cicciotto "tutta ciccia"

Cammina cammina, siamo arrivati ormai agli anni dei grandi cambiamenti, soprattutto sociali. 
Le donne cominciavano lentamente ad emanciparsi e la figura femminile non si rispecchiava più nel solo ruolo di madre, ma anche nella lavoratrice indipendente, nella disinvolta sportiva, nella elegante signorina alla moda. 
Occorrevano allora delle immagini che ricalcassero le nuove tendenze: se i bebè accontentavano bambine abbastanza piccole, dovevano nascere "signorinelle" più accattivanti per accompagnare i giochi delle preadolescenti.
A chi ispirarsi? Attrici, cantanti, indossatrici, miti delle ragazzine, diventarono modelli per le bambole più amate: 

nel 1965 arrivano Susanna, Sylvie, Sheila





subito seguite, nel 1967, da Simona




Corredate da abitini firmati dalla grande stilista Tina Colombo, scarpe, borse, gioielli e perfino profumi, riuscivano a  trasmettere istantaneamente l'idea della ragazza moderna,  perfetta in ogni occasione. Si trattava di un vero e proprio transfert che agiva attraverso il gioco, un'identificazione della bambina con la sua bambola, non più sottomessa ma amica, complice. Alle meravigliose "Quattro ESSE", così chiamate in riferimento alla S iniziale dei loro nomi, seguirono una lunga serie di alter ego adolescenziali:

Vittoria e Valentina nel 1969

Paola, Peonia e Perla (le tre P) nel 1973


Pritti Millemosse nel 1974 
Lisa Jean nel 1975


e un gran numero di minibambole dai lunghi capelli folti e pettinabili con accessori e mobili











che furono addirittura scelte come protagoniste di un fumetto



Per inserire le immagini di tutte le creature Furga non credo basterebbe un mese, per cui ne ho scelte alcune alla rinfusa, che mi sembravano particolarmente esplicative della grande arte dei maestri di Canneto.












Non me ne vogliano le bambole che non ho postato, le amo da morire tutte, ma dovevo pur fare una scelta!!! 








Tornando alla nostra storia, siamo ormai giunti, purtroppo, alla fine. A metà degli anni '70 il mercato della bambola, ma più ampiamente del giocattolo in genere, inizia una progressiva decrescita. Anche la Furga, naturalmente, ne risente moltissimo.
Nel 1976, la famiglia Furga, perde completamente il controllo dell'azienda. Cambiano ancore le mode e la produzione cerca di aggiornarsi pensando ad una serie di pupazzetti e bamboline da collezionare.

Eva nella mela, Cacio con la pera, Chiocciolina e altre che non hanno più alcuna motivazione ludica, ma solo una pura funzione decorativa.







Si aggiungono anche personaggi ispirati al mondo dei fumetti, della filmografia Disney, delle avventure e dei cartoni animati in televisione




Alla fine degli anni '80 e ai primi inizi del '90 vengono riproposte, in una nuova chiave, bambole famose nel passato e altre nuove, come la BiriBiki, indossatrice dell'alta moda firmata dalla stilista italiana Biki Puccini


o la Babisol, bambola che si abbronza al sole grazie ad una raffinata tenologia fotocromatica.

Ma il cambiamento non giovò granchè alla crisi incessante e, nel 1993, la Famiglia Furga dovette definitivamente dire addio alla sua produzione, rilevata da un'altra famosa azienda, la Grazioli S.p.A.,  già dal 1977, ma che fino ad allora aveva lasciato immutata la denominazione originaria.
Con il preciso scopo di tramandare la memoria di oltre un secolo di attività industriale, è stata istituita, a Canneto sull'Oglio, la Collezione del giocattolo "Giulio Superti Furga"ultimo della famiglia a dirigere la storica fabbrica, che raccoglie oltre 3500 pezzi fra  bambole realizzate nei più svariati materiali (legno, cartapesta, feltro, biscuit, polistirolo fino al più duttile vinile), ma anche trenini, piccoli servizi in ceramica, automobiline, puzzle e cavalli a dondolo.
La mostra segue un preciso ordine cronologico in modo da illustrare l'evoluzione del giocattolo attraverso lo scorrere del tempo, anche grazie ad una ricca  galleria di foto d'epoca, documenti d'archivio e di stampi e modelli originali.


(Notizie e immagini sono state tratte da materiale presente liberamente in rete. Ringrazio tutti coloro che mi hanno permesso, tramite le loro ricerche, di poter scrivere questo articolo).